lunedì 6 settembre 2010

Chi domanda...comanda?

Amanda Knox, Alberto Stasi, Danilo Restivo....
Sono tre nomi, tristemente celebri, sospettati e incriminati per diversi delitti della cronaca italiana degli ultimi anni e mesi.
Parto da loro, che certamente saranno stati interrogati dalla Polizia Italiana. Certamente da persone preparate.

Non più tardi di qualche mese fa ospitavo a cena a casa nostra (mia e del mio paziente partner) un avvocato penalista del foro di Verona.
Apprendevo con sconcerto la sua valutazione ed opinione sulle tecniche investigative italiane e internazionali.
Beh....scopro che l'interrogatorio è ...quasi demodè... E quando c'è, possiamo dire perfettibile di miglioramenti.
Come interrogano gli operatori di polizia in Italia??
Nonostante l'acquisizione di informazione testimoniale sia da considerarsi una delle principali attività svolte dagli operatori di polizia, sono per lo più assenti nei programmi di addestramento dei corsi di formazione sulle tecniche di intervista o di interrogatorio.
Inoltre non sono dettate delle procedure o delle linee guida sulle modalità migliori da adottare in caso di intervista investigativa.
E' altrettanto vero che nonostante gli operatori di polizia non abbiano specifiche competenze sulle tecniche di intervista investigativa, molte ricerche hanno dimostrato che quasi tutti i poliziotti utilizzano abitualmente la stessa modalità.
Una tecnica spontanea, definita come “intervista standard” si caratterizza da una prima fase di apertura nella quale i poliziotti chiedono al testimone una descrizione libera del fatto per poi passare successivamente in una fase successiva fatta di domande, prima aperte e poi chiuse.
Altre ricerche hanno però individuato una serie di fattori negativi relativi alla modalità standard, tra queste l'interpretazione personale di ciò che il testimone riferisce, le interruzioni del racconto, la rapidità con il quale l'intervista è condotta e l'uso di domande che potremmo definire tendenziose.
Un'altra caratteristica della condizione negativa delle interviste condotte da parte dei poliziotti che non hanno una preparazione specifica sulle tecniche è riconducibile al comportamento non verbale utilizzato durante gli interrogatori.
A volte semplicemente annuire ad una risposta, oppure mantenere un’eccessiva distanza dal testimone, può condizionare la testimonianza stessa, così come avere degli atteggiamenti contrari a ciò che l’investigatore chiede, come ad esempio guardare da un’altra parte può essere letto come disinteresse o addirittura disapprovazione.
In una ricerca condotta in Italia sulle modalità di conduzione delle acquisizione testimoniali da parte della polizia, sono stati intervistati 122 operatori di polizia che lavorano nel centro-nord.
Dai risultati è emerso che la competenza a condurre un interrogatorio è lasciata alla iniziativa ed alla preparazione del singolo investigatore, e che gli agenti di polizia italiani utilizzano per lo più la modalità dell'intervista standard, è emersa inoltre l'insoddisfazione da parte di molti di loro perché hanno la sensazione di non aver fatto dire tutto al testimone (46%). Altro dato molto indicativo è quello relativo al tempo, infatti molte assunzioni di informazioni si svolgono entro le 24 ore dal fatto (67,7%) e molti poliziotti hanno risposto che le interviste dei testimoni sono svolte direttamente sul luogo del fatto.
Questo dato positivo però si espone anche al rischio che se l'interrogatorio non è fatto bene l'informazione primaria può essere seriamente compromessa. (fonte : http://www.cerchioblu.eu/)
Benee!!
In un mondo dove solo le prove scientifiche hanno valenza, e gli interrogatori sono questi, ognuno di noi
dedicherà più tempo all'igiene di mani e piedi, alla maggiore frequentazione di lavanderie e car wash, e nel caso fosse chiamato a "parlare" o come testimone o come imputato, si auguri che l'operatore di Polizia sia folgorato dalla vostra somiglianza con un amore, corrisposto, del passato...potrebbe essere determinante.

LaChieti

1 commento:

  1. E' sorprendente scoprire che - come formazione istituzionale - i poliziotti non abbiano una preparazione ad hoc per le "interviste". Ad onor del vero il poliziotto gode rispetto ad un magistrato "in aula", laddove si forma quella che è la "prova", di una maggiore libertà. Ed anche di un bagaglio di strumenti "suggestivi" che durante un'udienza vengono limitati dalla procedura e dalle parti sul piano verbale e, perfino, su quello non verbale anche a causa dell'abbigliamento (tranne, ovviamente, per i vari dipietri). Ma quel che mi fa interrogare (da solo, stavolta) circa il poliziotto è lo scopo della sua intervista: è orientata a raccogliere informazioni o confessioni? Per natura umana e per orientamento al risultato, nel caso di sospettati o ritenuti reticenti - quindi per definizione "pre-giudicati", nel senso di oggetto di un giudizio preventivo - l'investigatore tende a scivolare facilmente verso l'obiettivo di ottenere una rivelazione. Per farlo userà tecniche maturate nel lavoro di bottega assieme ai vecchi o, paradossalmente, desunte da qualche buon giallo? In ogni caso mi pare possa scarseggiare la consapevolezza dello strumento che maneggia. Quasi gli mettessero la pistola in mano, senza averlo prima addestrato...

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