lunedì 1 giugno 2020

62 giorni




Mamma e papà non ci sono più da oltre 7 mesi.
Mamma in 17 giorni, e dopo 45 giorni anche papà.
Hanno lottato per restare con noi. Vissuto più che potevano.
E siccome sono stati insieme quasi tutta la loro vita, se ne sono andati a distanza di 45 giorni l'uno dall'altro.
Fino alla fine.

Ho iniziato questo blog per me stessa anni fa. Era il mio luogo "curativo".
Senza neanche volerlo, senza accorgermene, i post che scrivevo erano tutti dedicati all'amore, quello di origine. quello della mia famiglia.

Loro non hanno visto, per fortuna, cos'è il covid19, non hanno visto quanti figli, come me, hanno perso in pochissimi giorni entrambi i genitori. E mentre io sapevo che sarebbe arrivato quel giorno, molti figli sono stati impreparati.

Oggi mi mancano molto di più.
In un modo che non riesco ancora a inquadrare.
Forse lo shock iniziale aveva addormentato la percezione della realtà.

Mamma alla telefonata quotidiana delle 18 non c'è più.
Agli sms della 21.30 neanche.
Di mamma ad oggi non riesco a scrivere quello che é stata per me.
Ho ancora caos emotivo, chi la conosce sa cosa voglio dire. Essere stata sua figlia é stato un privilegio. Una fortuna rara.

Papà mi chiamava raramente per via della sua scarsa passione per i mezzi di comunicazione, ma quando lo faceva era un regalo, superava la sua ostilità tecnologica con il cellulare a favore della voglia di avere uno spazio mio e suo. Mi parlava spesso delle sue riunioni di condominio, delle sue convinzioni, dei suoi principi. Della sua fatica nell'occuparsi esclusivamente di medici, ospedali e farmacie.
Infilandoci sempre delle meravigliose battute o comunque un tocco di anziano sarcasmo per mitigare lo sfogo e per orgoglio maschile.
Ho dato per scontato che questo fosse il suo ruolo, ma è stato uno sbaglio che non mi perdono.
Credo che vivere la terza età come l'ha vissuta lui non sia stato affatto scontato e facile.
Ma nessuno dei figli si è mai preoccupato di dirglielo. Di dirgli "grazie per quello che fai per mamma".

Di loro ho un abisso di malinconia. Un sequestro emotivo fortissimo.
Mi mancano i loro bisticci quotidiani, la lista della spesa per cucinare qualunque cosa.
Mi mancano i commenti sulla politica, su Inter e il Napoli, le squadre di casa. Le domeniche tutti insieme, la condivisione dei compleanni, le loro abitudini ossessive, i discorsi sui progressi dei nipoti, i ricordi della loro gioventù, la liste per ogni cosa, i consigli sui supermercati, l'ossessione per la seconda guerra mondiale di papà e quella delle serie tv su Crime di mamma.


Il pensiero più ricorrente è a mercoledì 2 ottobre 2019.
Papà era ricoverato due piani sotto il reparto dove era ricoverata mamma. L'Ospedale era il Papa Giovanni XXIII di Bergamo....pochi mesi dopo diventerà anche Inferno.
Due piani e un lunghissimo corridoio li tenevano lontani.
Non si vedevano dal 18 settembre, giorno del ricovero di mamma. Papà invece è finito in pronto soccorso il giorno dopo.
Da quel momento non si erano potuti vedere.Entrambi non riuscivano ad alzarsi e a camminare.
Io e mio fratello decidiamo di portare papà da mamma con la sedia a rotelle.
Lui era emozionato.
Pigiama elegante, doccia completa, giacca da camera blu, acqua di colonia, capelli lavati e fonati.
Era pronto per il suo appuntamento.
Sapeva qualcosa sulla situazione di mamma, ma noi avevamo omesso le notizie più cupe.

Mi ha stretto la mano e mi ha detto che era felice di poterla vedere, lei non sapeva nulla del suo arrivo, era una sorpresa.

Quando siamo entrati con la carrozzina sul ciglio della stanza di mamma lei ha sorriso e lui era commosso.
Abbiamo preferito goderci solo qualche istante e poi siamo usciti dalla stanza e da fuori ogni tanto buttavo l'occhio.
Lei si è messa seduta con fatica sul bordo del letto, lui accanto sulla carrozzina. Mano nella mano, si sono poi abbracciati, baciati. Hanno bisbigliato cose vicino alle orecchie.
Hanno trascorso così circa 40 minuti.

Poi mamma era sfinita e papà anche. Ho visto che lui aveva gli occhi bagnati.
Non ha detto nulla durante il ritorno al suo reparto. Non voleva parlare.
Io sono tornata da mamma ed era rasserenata dal fatto che avesse potuto parlargli.

Ho saputo da papà, dopo la morte di mamma,  che lei aveva capito che era il suo ultimo ricovero. Che non sarebbe tornata a casa. Lo ha detto solo a lui. Ha condiviso le sue volontà, cosa avrebbe voluto che accadesse dopo. Era una organizzatrice, era abituata a sistemare le cose per tutti.

A me, anche l'ultima notte, non ha mai fatto alcun cenno alla consapevolezza di morire da lì a poco.
Anzi, ha più volte ribadito che dovevo andare a casa a dormire e non dovevo stare in ospedale di notte. Ha perso coscienza intorno alle 6 del mattino a causa della morfina, necessaria per placare il dolore tremendo che avanzava. Alle 12.45 del 5 ottobre ha smesso di respirare.
E' stato il dolore più forte provato nella mia vita.
Non immaginavo quanto potesse essere acuto.


Anche con papà ho vissuto l'ultima notte, era incosciente da oltre 48 ore.
Quelle ore non si dimenticano mai.
In quelle ore capisci che non sarai più figlio. che quella meravigliosa condizione, quella origine viscerale del tuo esistere, finisce. Che sei solo anche se hai famiglia.
Sei solo nel tipo di vuoto che ti disorienta.
Il fatto di avere un figlio, di avere un obiettivo di grande responsabilità non risana la ferita, dà una bussola per orientarsi quando il dolore ti viene a cercare anche a distanza nel tempo.

Oggi ho la responsabilità di far fruttare tutto quello che hanno dato a me, nei miei rapporti umani, nei miei diversi ruoli della vita.
Confesso che si alterna ancora con un desiderio di tornare a quel periodo della mia infanzia vissuta con loro, in cui con un loro unico abbraccio si pacificava qualunque ombra, qualunque dissesto emotivo.


Mi è capitato un video di loro un anno fa....festeggiavano la comunione di mio nipote Luigi.
Le loro voci fuori dalla Chiesa, la loro gioia, la inguaribile energia emotiva che gli apparteneva mi ha fatto credere che non è finita qui per due persone così.
A me piace credere che sono altrove e continuano a commentare la vita da un'altra angolazione.
Due così non lasciano mai i figli soli.